Lorenzo Musetti vince facilmente contro un Sonego completamente bloccato, commozione per Luciano Darderi che vince contro Dominic Thiem nell’ultima partita di tennis della carriera dell’austriaco
Lorenzo Musetti si aggiudica il derby azzurro di Vienna. Il tennista toscano ha battuto Lorenzo Sonego in due set, con il punteggio di 6-3, 6-2. Sonego riesce a tenere il ritmo di Musetti nel primo set, ma cala vistosamente nel secondo e soffre l’aggressività dell’avversario, bravo a salire di livello e non accusare la fatica. Ora agli ottavi di finale Musetti affronterà il francese Gael Monfils, che ha sconfitto il connazionale Halys in due set.
Il derby azzurro a Vienna è di Lorenzo Musetti. Il carrarino si è qualificato per gli ottavi di finale dell’Atp 500 austriaco battendo Lorenzo Sonego con un netto 6-3, 6-2 in poco più di un’ora di gioco. Una sfida sempre in controllo per Musetti, brillante e convincente contro un Sonego troppo falloso e, soprattutto, poco incisivo con il servizio.
La differenza è già nell’approccio alla partita. Musetti è deciso e offre soluzioni vincenti appena possibile, Sonego gioca a fasi alterne ed è tentennante in alcuni colpi. Il primo set si risolve con un solo break di differenza (quello arrivato nel quarto game dopo cinque palle break offerte da Sonny), ma con undici punti di vantaggio in favore del carrarino.
Il secondo parziale è già compromesso in partenza per Sonego che perde il servizio in apertura e nel terzo gioco, ritrovandosi rapidamente sotto 4-0. Musetti, che nella partita non ha mai offerto palle break, chiude sul proprio servizio al secondo match point.
Agli ottavi con Monfils
Musetti ottiene così la prima vittoria in carriera contro Sonego (per il torinese è il sesto ko nelle ultime sette partite) e raggiunge gli ottavi di finale dove affronterà Gael Monfils, n. 52 al mondo, che ha battuto il connazionale Quentin Halys in due set. Tra Lorenzo e il francese ci sono tre precedenti: il bilancio è 2-1 per l’azzurro che quest’anno ha vinto sulla terra parigina sia al Roland Garros che alle Olimpiadi.
L’ultima partita di Dominic Thiem: l’eredità di un campione fragile
Prima che il tennis diventasse in Italia materiale per il mainstream, ma dentro un’epoca che in fondo mai così mainstream era già stata per il tennis – quella dei Fab Four – a un certo punto comparse anche un ragazzotto austriaco dalla brutale potenza. Quei quattro si stavano tramutando in tre per via dei problemi fisici di Andy Murray e l’arrivo di Dominic Thiem sembrò ai più una bella ventata d’aria fresca per dare un po’ di ricambio generazionale.
I nati tra il 1981 e 1987 avevano infatti monopolizzato il tennis, cancellando totalmente – pratica piuttosto rara in qualsiasi sport – un intero quinquennio di atleti professionisti: quelli nati tra il 1990 e il 1995. Unico rappresentante vero, unico tennista a lungo in grado di spaventare – e di tanto in tanto anche vincere quando davvero contava – contro i fenomeni ormai noti, proprio Dominic Thiem.
Anche per questa ragione l’austriaco, negli ultimi 10 anni, ha rappresentato per tutti i veri appassionati un giocatore a suo modo speciale. Atteggiamento impeccabile in campo, tigna da guerriero, grande lottatore, a tratti un’imbarazzante – per chi ci giocava contro – capacità di generare potenza dal fondo. E poi quel rovescio a una mano che già di per se strappava l’occhio.
Un colpo che Thiem giocava spesso carico in top spin, disegnando trame letali da cui però sapeva uscire in maniera brutalmente potente col lungolinea vincente. Non da meno era il dritto carico e lavorato, così come un servizio in kick che, nelle calde e secche giornate di fine Primavera della terra rossa europea, si è spesso configurato come un’arma importantissima per aprirsi angoli di campo e spiragli di gloria.
Sì perché Dominic Thiem, per un tratto, è stato davvero considerato
la prima alternativa a Rafael Nadal sulla terra battuta. Ma il suo palmares, oggi, alla vigilia di quella che presumibilmente sarà la sua ultima partita della carriera (a Vienna contro Luciano Darderi), ci dice che l’austriaco è stato anche molto, molto altro.
Se è infatti vero che tra il 2015 e il 2019 Thiem collezionò 10 dei suoi 16 titoli ATP sulla terra rossa, altrettanto lo è che i suoi successi più prestigiosi l’austriaco li ha ottenuti fuori dal rettangolo rosso. Il primo Masters 1000, ad esempio, sul cemento di Indian Wells nel 2019 contro Roger Federer. E poi il famigerato e tanto atteso primo titolo slam, allo US Open 2020, nell’edizione ‘bolla’ in pieno Covid. In mezzo le memorabili semifinali (2017) e finali del Roland Garros (2018-2019): inutile ricordarvi a chi l’austriaco si dovette arrendere.
Thiem insomma è stato giocatore di enorme spessore e di assoluta grazia tennistica per più di un quinquennio. La sua storia però è curiosa perché oltre alle gesta dello sportivo, porta in scena tutto quell’altro spaccato di cui nello sport professionistico non si parla mai: l’uomo e le sue fragilità.
Grazie, Dom.
Articolo a cura di Michela Catena – Sportpress24.com
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