Beni condominiali ed uso da parte del singolo proprietario

I condomini possono servirsi delle parti comuni (ad es. cortile, ascensore, androne, lastrico solare ) purché non venga modificata la destinazione d’uso del bene e non si impedisca agli altri di goderne allo stesso modo.

A norma dell’art. 1102 del Codice Civile: “ Ciascun partecipante (condomini) può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso”.

Pertanto il condomino può servirsi delle parti comuni (ad es. cortile, ascensore, androne, lastrico solare ) purché non venga modificata la destinazione d’uso del bene e non si impedisca agli altri di goderne allo stesso modo.

Il regolamento di condominio, inoltre, può prevedere anche altri limiti che si aggiungono a quelli sopra indicati.

Le parti comuni del condominio

Salvo che il regolamento contrattuale non stabilisca diversamente, costituiscono parti comuni dell’intero condominio: -) tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune, come il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate; -) le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria (incluso l’alloggio del portiere), la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune; -) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all’uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell’aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo.

Secondo la legge, nell’utilizzare la cosa comune, il singolo condomino può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento del bene.

L’uso della cosa comune prescinde dalle quote di proprietà possedute dai singoli, infatti le tabelle millesimali  servono per regolare la divisione delle spese inerenti alla cosa comune, ma non ne regolano l’utilizzo.

Pertanto, colui che possiede la quota maggiore di proprietà non potrà rivendicare un maggiore uso delle cose comuni rispetto agli altri condòmini.

Uso improprio delle parti comuni

La giurisprudenza differenzia “l’uso più intenso” da parte di un condomino considerandolo lecito, rispetto al vero e proprio “abuso” che preclude agli altri l’esercizio dei propri diritti. (Cass. Civ. 4498/1986)

Ad esempio è stata considerata alterazione delle originaria destinazione la permanente utilizzazione di un giardino comune come parcheggio, o l’utilizzazione di un cortile in città per tenervi dei cani o per lo scarico di rifiuti, o l’utilizzazione di una parte del fondo comune come cava di ghiaia. (Cass. Civ. 4498/1986)

In tema di uso della cosa comune secondo i criteri stabiliti dall’art. 1102 primo comma, lo sfruttamento esclusivo del bene da parte del singolo che ne impedisca la simultanea fruizione degli altri, non è riconducibile alla facoltà di ciascun condomino di trarre dal bene comune la più intensa utilizzazione, ma ne integra un uso illegittimo, in quanto il principio di solidarietà cui devono essere conformati i rapporti condominiali, richiede un costante equilibrio tra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione.

Conclusioni

In sintesi il condomino deve usare la cosa comune secondo i criteri di cui all’art. 1102 c.c.

Inoltre la giurisprudenza prevede anche un utilizzo più intenso della cosa comune da parte del singolo comproprietario al fine di ottenere dalla cosa utilità specifiche, purchè tale utilizzo rimanga nei limiti di legge.

Pertanto di volta in volta si dovrà verificare se la condotta del singolo integri o meno un uso più intenso, consentito dalla legge, ovvero una violazione di legge.

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Articolo a cura dell’Avvocato Stefania Nicoletta Costanzo – Sportpress24.com – (Immagine di copertina a cura della Redazione)

Avv. Stefania Nicoletta COSTANZO - Cassazionista
Avv. Stefania Nicoletta COSTANZO Cassazionista

Stefania Nicoletta Costanzo, avvocato Cassazionista del foro di Roma, iscritta all’ Albo degli Avvocati dal 2001 e all’Albo speciale degli avvocati Cassazionisti dal 2014. Lo studio si trova in Roma – via Cicerone 49, tel 06/3213357, mail: avvstefaniacostanzo@libero.it.

L’avvocato esercita la professione da oltre 20 anni con specializzazione in diritto civile:

Responsabilità Civile – Risarcimento del Danno – Diritto delle Assicurazioni e infortunistica stradale; Responsabilità Professionale medica, di notai, avvocati, agenti immobiliari, ingegneri etc..; Responsabilità da fatto illecito. Si occupa, altresì, di contrattualistica, recupero credito, esecuzioni, controversie di natura condominiale, diritti reali, diritto di famiglia, controversie tra utenti ed operatori telefonici. Inoltre fornisce assistenza sia nella fase stragiudiziale, che giudiziale.
Lo studio opera su tutto il territorio nazionale grazie all’ausilio di colleghi e Corrispondenti dislocati in altri fori.

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