Agata Isabella Centasso, calciatrice del Venezia Calcio 1985 si racconta in questa intervista esclusiva a SportPress24, tra calcio e curiosità.
Una centrocampista che nel calcio cosí come nella vita non molla mai, da qui il soprannome di “Isabelva”, ama il suo lavoro ed è seguitissima sui social.
Agata Isabella nasce nel 1990 a Venezia, ovviamente la prima domanda non poteva che essere da dove nasce questo amore incondizionato per il calcio?
“L’amore per il calcio nasce tra le calli e i campielli veneziani dove giocano fin da bambina. Le mie ginocchia probabilmente se ne ricordano ancora io sono cresciuta in mezzo a fratelli maschi e ho sempre giocato in mezzo a loro a sport prevalentemente maschile. Ora oggi definire il calcio uno sport maschile magari non è neppure eticamente corretto, ma quando ero piccola io era una cosa molto rara vedere giocare una bambina! diciamo che però il calcio o lo sport più in generale non me l’ha insegnato nessuno. I miei genitori erano più per discipline come pianoforte, canto o al limite danza. È sempre stata indole!”
Per una veneziana, giocare nel “Venezia” credo sia stato motivo di orgoglio, tu come hai vissuto quella esperienza?
“Io per diversi anni sì, ho vestito la maglia della mia città, poi quando due anni fa il Venezia fc è stato promosso in A le cose sono un po’ cambiate. Ora gioco nel Venezia 1985 che è una società del tutto distinta, ma la stessa che allora, intendo fino a due forse ormai tre anni vestiva quella maglia. Ora il Venezia fc femminile è a tutti gli effetti una squadra che milita nel nostro campionato e più precisamente nel nostro girone. Tornando alla domanda, vestire quella maglia era sicuramente emozionante e lusinghiero. Dispiace molto non vestirla più, Ma in fondo rimane sempre e solo una casacca!”
Il tuo soprannome è “Belva” che sappiamo essere legato al tuo temperamento in campo, chi ti ha dato questo soprannome?
“Il mio soprannome è stato coniato da mio padre, che ha modificato il mio secondo nome isabella in Isabelva per la mia vivacità quando era bambina. Quando mi arrabbiavo a suo dire, le sopracciglia diventano rosso fuoco! Poi è un soprannome che tornava bene per le mie caratteristiche calcistiche, che hanno sicuramente una grossa componente di grinta e fisicità.”
Centrocampista, vice capitano del Venezia Calcio 1985, come sta andando questa stagione?
“Si, vice capitano, il capitano è la mia compagna Emanuela Conventi. Una calciatrice che stimo molto per l’atteggiamento sportivo e che ha molto da insegnare alla squadra. Il campionato quest’anno è andato in maniera abbastanza altalenante. Abbiamo avuto un periodo buio verso la fine del campionato che ci ha portato ad una posizione di classifica scomoda. Ma penso sia stata solo un’annata sbagliata. Il gruppo è sano e solido. Il lavoro del mister è encomiabile. La società dal 1985 ( nome che ha attualmente il Venezia in cui gioco) sta svolgendo un ottimo lavoro portando avanti i valori che hanno sempre contraddistinto la nostra realtà. A volte facendo scelte di mercato volte a tutelare il gruppo squadra. Che è sempre stato messo al primo posto.”
Oggi il calcio femminile sembra abbia più visibilità anche grazie ad internet e alla rete, ma secondo te dove il calcio femminile potrebbe ancora migliorare?
“Io posso dire di aver visto in prima persona tutti i passi in avanti che il Calcio femminile sta facendo in Italia, già da quest’anno con il passaggio al professionismo. 20 anni fa tutto questo era un utopia. Già il fatto che ora nelle categorie superiori le calciatrici si possano dedicare totalmente agli allenamenti e non allenarsi alla sera dopo ore di lavoro porterà ad un aumento della qualità. Per non parlare del fatto che l’iscrizione delle ragazzine alle scuole calcio è in aumento. Sicuramente c’è ancora molta strada da fare. La via però è quella giusta. “
Che consiglio ti senti dare alle ragazze che voglio avvicinarsi a questo sport?
“Un consiglio ? Di non farsi fermare dai pregiudizi , perché il calcio non è solo degli uomini. Il calcio è di chi lo ama. Quando ero piccola i maschi non mi volevano lasciar giocare con loro, io giocavo lo stesso, ma non mi passavano la palla. Ho imparato a recuperarmela da sola ed è per questo che oggi sono un’incontrista!”
Un sogno nel cassetto?
“Non vorrei essere retorica però il mio sogno nel cassetto è quello di continuare ad avere una vita felice vicino ai miei affetti. Continuare a lavorare nell’ambito socio sanitario dove attualmente lavoro. Prendermi cura delle persone è quello che mi da più soddisfazione. Non so se possa definirsi un sogno nel cassetto ma sicuramente la mia speranza per il futuro è questa.”
Articolo a cura di Marco Rapo – Sportpress24.com