Firenze, capitale del Rinascimento e teatro di partite di calcio vibranti e piene di interminabili polemiche. Soprattutto quelle tra Fiorentina e Lazio. Se poi in una gara così sentita ci aggiungete il sapore agrodolce di uno scudetto scippato il mix diventa indigesto.
È il 15 maggio 1999 e 15.000 laziali (1.000 per ogni giorno di maggio…) accompagnano la banda di Eriksson verso un meritato scudetto.
Ma non si erano fatti i conti con Treossi, un arbitro che, con un errore macroscopico, tolse alla Lazio uno scudetto già vinto.
Ma andiamo con ordine. La gara è da cuori forti.
La viola del Trap è in fiore, lotta per la Champions, la Lazio di Eriksson è lanciatissima verso il tricolore. Partita vera e dura.
Uno spettacolo per chi è neutrale. Una sofferenza per chi è parte in causa. È la classica partita in cui ogni dettaglio può cambiare il destino del campionato.
Viola in vantaggio con Batistuta, Lazio che pareggia con l’incornata di Vieri. Il resto è un frullato di emozioni, occasioni mancate, traverse (Vieri) e rigori falliti (Rui Costa).
Ma l’epicentro del terremoto che si scatenerà dopo la gara è una cravatta. Quella di Mirri, giovane difensore fiorentino, che, verso il declinare della gara, cintura al collo un Salas pronto a colpire in gol, il gol dello scudetto.
Tutti si attendono la concessione del penalty, ma Treossi incredibilmente lascia correre. La rabbia monta tra i 15.000 laziali, ma nulla si può fare contro l’umana cecità.
Sarà 1-1, e il resto è storia. La Lazio si fregerà del titolo solo l’anno successivo, ma quello scudetto 1999 grida ancora vendetta.
Ora il nuovo Fiorentina Lazio sarà sempre ad alta tensione. Viola in lotta salvezza, Lazio nel marasma Champions. Una sfida elettrizzante dal sapore acre. Una danza in un vulcano…
Articolo a cura di Carlo Cagnetti