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Quel pasticciaccio brutto della sentenza tamponi…

claudio lotito

E così hanno raggiunto l’obiettivo prefissato. Il secondo grado di giudizio sportivo nella bislacca vicenda che ha coinvolto la Lazio, tra fine ottobre ed inizio novembre riguardo a tre giocatori pseudo positivi, ha prodotto una condanna aggravata da 7 a 12 mesi per il presidente della Lazio, oltre alla conferma dei 12 mesi ai due medici sociali e all’aggravio di 50.000 euro (da 150.000 a 200.000) della sanzione pecuniaria per la Lazio.

In attesa delle motivazioni, appare scontato che si sia giunti a questo obbrobrio di sentenza solo per colpire Lotito e cercare di escluderlo dall’establishment del calcio italiano.

Mentre presidenti pieni di debiti e che hanno portato al collasso le proprie società sono ancora a piede libero, mentre la procura federale sembra attenta solo alle vicende Lazio (a quando un’apertura di un’inchiesta sportiva con relativo deferimento sull’indecente caso Suarez in cui è protagonista la Juventus..? ), mentre l’Inter vince lo scudetto senza pagare gli stipendi e con un indebitamento mostruoso, si va a colpire sul nulla un presidente che tiene i bilanci in ordine e che combatte con tutte le sue forze la deriva del debito, dimostrando che indebitarsi non è e non deve essere la strada maestra del calcio.

Si è sfruttato un vuoto normativo del famigerato protocollo per dare questi 12 mesi a Lotito e sperare che anche il Collegio di garanzia dello sport, terzo grado di giudizio, possa confermarne l’esito.

Ma questo non è più sport, non è più diritto. È meramente politica applicata al calcio.

Di certo la partita non finisce qui.

L’avv. Gentile ha gia anticipato che se anche il terzo grado dovesse confermare l’assurda sentenza de qua, si ricorrerà al Tar, organo di giustizia amministrativa.

Forse in una sede più competente Lotito e la Lazio avranno piena giustizia.

Quella giustizia giusta che finora non è stata fatta, in nome di una politica che sta contribuendo a distruggere un calcio italiano ormai totalmente non credibile. Sia in campo che fuori.

Articolo a cura di Carlo Cagnetti

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